
UNA RIFLESSIONE SULL'IMPORTANZA DELLE PAROLE. DA "LA CURA DELL'ACQUA" DI PERCIVAL EVERETT.
C'era un negozietto poco appariscente all'angolo. Era l'unico negozio a
quell'incrocio. Era anche l'unico angolo occupato. Agli altri angoli
c'erano terreni sfitti, uno coperto di gramigna, l'altro di pile di
cartoni, nell'ultimo c'era un vecchietto seduto su un tronco. Il
vecchietto aveva una giacca rossa impolverata, non prestava particolare
attenzione a nessuno, e non ha alcun ruolo in questa storia. Sopra il
negozietto c'era un'insegna con su scritto:
PAROLE
La
ragazzina, che è la protagonista di questa storia, guardò l'insegna e
si chiese se stava leggendo la parola PAROLE o se la stesse solo
riconoscendo. Immaginava che si dovesse fare una distinzione tra le due
cose, ma quale? Entrò e la campanella sulla porta la annunciò. Arrivò
al bancone e si rivolse a una donna alta che stava lì dietro.
"Questa è una libreria?", domandò la ragazzina.
"No che non lo è". La donna si portò una mano alla testa come se volesse sistemarsi i capelli.
La
ragazzina si guardò intorno, e infatti libri non se ne vedevano. A dire
il vero vedeva solo i muri, una porta sul retro, le finestre sulla
parete di fronte e gli scaffali vuoti dietro il bancone.
"Questa è una paroleria", disse la donna. "C'è l'hai qualche soldino?".
"Ho un dollaro".
"Ci puoi comprare qualche parola. Dipende da cosa ti interessa. Ce ne sono di molto care e nessuna è gratis".
La
ragazzina era intrigata. Voleva vedere che aspetto avevano le parole:
le avrebbero infilate in un sacchetto di carta o in una scatola? "Cosa
mi consiglia di comprare?", domandò.
"Questo ovviamente dipende da quello che vuoi dire", rispose la donna, che sembrava sempre più alta.
"Ma se le dicessi cosa voglio dire, allora avrei già le parole di cui ho bisogno".
"Mettila come ti pare. Di sicuro, con un dollaro non puoi comprarne troppe di parole. Deciditi ragazzina".
"Mi scusi, non avete un menù o un catalogo di qualche tipo?", domandò la ragazzina.
"Ma
certo. Che cavolo di negozio sarebbe se non avessimo un catalogo?". La
donna si chinò dietro il bancone e riapparve con un librone rosso.
Sulla copertina c'era scritto: DIZIONARIO. "Ecco qua, ci sono quasi
tutte".
Poi la ragazzina notò una pila di scatoline esposte sul bancone, impilate con cura a forma di piramide. "E queste cosa sono?".
"Queste
le chiamiamo scatole usa e getta. Ognuna contiene 4 parole. C'è qualche
ripetitizione ogni tanto, ma non troppe. Il bello è che non sai mai
cosa ti capita".
"Quanto vengono?"
"Cinquanta centesimi l'una".
"Ne
prendo una", disse la ragazzina. Diede il suo dollaro alla donna e
prese cinquanta centesimi di resto. La donna le allungò la scatolina.
Sembrava che non avesse peso. "Com'è leggera...", esclamò la ragazzina.
"Le parole sono piume", disse la donna. "Più pulite, però".
Sbuffò, lanciando un'occhiata verso la finestra che dava sulla strada.
La
ragazzina uscì in strada sotto il sole con la sua nuova scatolina di
parole. Non vedeva l'ora di aprirla, perciò la spacchettò subito e
trovò - Niente. Si guardò attorno, sentendosi perduta e in qualche
modo, pensò, svuotata. Era terribilmente, dannatamente, profondamente
infastidita. Tornò nella paroleria a passo di marcia e sbotto: "Questa
scatola è vuota!".
"Quelle erano le tue quattro parole", disse la donna, facendo un bel sorrisone. "Ti è andata bene con quella scatola".
La ragazzina stupefatta rimase a bocca aperta per un istante.
"Qui dentro non c'è niente", aggiunse.
"Adesso
no", rispose la donna. "Perchè le hai appena usate. Vuoi un'altra
scatola usa e getta? Ti restano ancora cinquanta centesimi".
"Sì, la
voglio". La ragazzina le allungò i cinquanta centesimi e corse fuori
come la volta precedente. E proprio come prima, aprì subito la nuova
scatola. Infuriata, gridò: "Anche questa è vuota!". E
si tappò la bocca con la mano, rendendosi conto che ancora una volta si
era lasciata sfuggire le sue quattro parole nuove senza fare attenzione.